Con 700 chilometri tritati alle spalle (forse leggermente di più a causa di due o tre “deviazioni involontarie”, se così si possono chiamare), una nuova priorità: immersione-culturale-totale-‘asap’. Rifletto sulle strategie di approccio mentre esamino il reparto tramezzini-a-un-euro del supermercato locale; agli altoparlanti passa la tradizionale canzone alsaziana “Papi Chulo”. Il pasto che mi attende a casa di Francine, la mia ospite locale, è invece una deliziosa…ricetta giapponese. Ho cinque giorni per diventare cittadina onoraria di Munster e mi ritrovo a mangiare sushi e tofu al ritmo dell’America Latina. Non mi si facilita il compito, vedo.
Per fortuna non tardano visioni più consone. Due colossi barbuti dalla camicia a scacchi e le folte chiome caricano la motosega sul fuoristrada; due cicogne indaffarate realizzano una notevole opera edile. Si inizia a ragionare. E puf, in men che non si dica e non chiedetemi come, ho già le gambe sotto al tavolo imbandito dei vicini di casa di Francine. Gérard è più che lievemente sconcertato dalla mia avversione per il vino; essendo lui stesso viticoltore, capisco immediatamente che avrebbe gradito disquisire un poco dell’argomento. Per fortuna trovare altri soggetti di conversazione non è difficile. È innamorato perso della sua valle, visibilmente loquace, e ha trovato un paio di orecchie avide di racconti. Partendo da Vosegus, dio gallo-romano delle foreste e della caccia, ripercorriamo in un’oretta scarsa le frontiere fra tribù celtiche, le posizioni dei loro monti sacri, le conoscenze astronomiche dell’antichità, l’avanzata di Giulio Cesare lungo il Reno, la geologia della regione fino alle Alpi passando per il Giura, lo sviluppo dell’allevamento e del formaggio Munster, e infine la costellazione attuale di valli, dialetti e usanze nelle Hautes Vosges. Sono parecchie miglia e parecchi secoli da percorrere. A giudicare dai suoi sguardi, Odile, la moglie di Gérard, deve sopportare queste lunghe cronache un giorno sí e l’altro pure; e forse per questo ha un’abilità chirurgica nel far apparire dal nulla, al momento giusto, l’articolo, libro o mappa che avvalora i racconti del marito. Viaggio figurativo o meno, i commensali ne escono lievemente affaticati; provvediamo a rincuorarci con un bicchiere di Gewurztraminer (mi hanno convinta) e un dolcetto casereccio.
Dopo un ‘battesimo’ alsaziano degno di questo nome, posso finalmente dedicarmi alle mie indagini con il giusto spirito. Sotto gli auspici di un’eclissi solare parziale e di un calduccioso equinozio di primavera, chiamo Gérard (no, non lo stesso di sopra), presidente del Club Vosgien di camminata a Munster. Buongiorno, sono qui per filmare un documentario sulla vostra associazione, le andrebbe di concedermi 10 minuti per rispondere a qualche domanda davanti a un caffè? “Non so…sono molto impegnato…. A lei andrebbe per caso di fare una camminata in montagna invece?” Che giorno? “Fra un’oretta e mezza”.
Gérard, vedo con piacere che parliamo la stessa lingua.
Non sapevo che, da questa breve telefonata, sarebbe derivata una cura intensiva di scarpinate: sei ore al giorno (minimo), per cinque giorni. Nessuna eccezione. Se a questo punto credete che la valle di Munster sia la meta ideale per un ritiro dimagrante, ricredetevi. Sei ore di camminata al giorno vi permetteranno al massimo di arginare un subitaneo e inevitabile ingrassamento. Ormai immagino la strada che porta all’inferno come una via del mercato delle Vosges. Flammekueche, yoghurt di pecora, formaggio fresco di capra, mirabelle, quetsch, schnaps, liquori, miele di pino, gallette di patate, anis bredelas, lardi e pancette, dolci alle mandorle… Non si scappa alle tentazioni. Persino una lunga marcia in montagna può essere convenientemente inframmezzata da una pausa pranzo a base di choucroute (se si ha poi abbastanza stamina per riuscire a rialzarsi). Non ho visitato Munster; ho piuttosto la sensazione d’essermelo mangiato.
Resta da valutare l’effetto di cotanto cibo sulle mie riflessioni di camminatrice improvvisata. Sperando che la digestione non abbia eccessivamente annebbiato lo spirito.