Una camera con vista sui tetti di Parigi non s’ha a disdegnare. Ma in tutta sincerità, il tran tran cittadino mi è sempre stato un po’ stretto. Persino la passeggiata a/r casa-università, 60 minuti di Senna, gabbianelle, e stravaganti coiffures ad opera del vento, somiglia sempre più ad una banale ora d’aria. La vocina che si ribella ai pericoli della routine si allea a due piedi frustrati dalla monotonia dei marciapiedi e a un sistema nervoso che mal sopporta le folle e i ritmi imposti. Tutti e quattro esigono movimento. Non circolazione schizofrenica in uno spazio limitato e trito; piuttosto spostamento da un orizzonte sconosciuto al successivo, a ritmi più disinvolti e bradi. Mi chiedo sinceramente da dove provenga questo istinto. Viceversa, so esattamente dove porta.
Manca solo la scusa che giustifichi la partenza.
Ma se l’università mi dà il compito di documentare una tradizione culturale francese, non vedo come io possa trovare soggetto più pertinente che la storica associazione di camminatori che opera nel parco delle Vosges. Me lo chiede SciencesPo. Me lo chiede la Francia. La scusa tiene. Dunque si parte.
La priorità: percorrere la distanza che mi separa dalle foreste ad Est
Il metodo: l’improvvisazione
Lo scopo: evadere e trovare una risposta
La domanda: che cosa é la marcia, e perché tanto bisogno di praticarla a contatto con la natura?
Una ricerca spirituale quindi, o per lo meno un’astratta riflessione filosofica. Nondimeno gli accidenti del viaggio restano concreti, ahimé. Effettivamente, se avessi dovuto stimare la qualità della spedizione in base ai pregi del suo esordio, sarei rimasta in casa, barricata in camera, protetta dal piumone e dalle lenzuola di flanella. Non che avviarsi in Cinquecento con 1 ora e 30 di sonno alle spalle per percorrere 700 km sia presagio di rosei inizi, ma il giorno della partenza rientra a pieno titolo nella Famosa Categoria. Avete presente; quelle giornate in cui si ha una sola matematica certezza: qualcuno ha passato la notte mettendo a punto le astuzie necessarie al fine che le vostre prossime 24h siano PESSIME.
Non voglio soffermarmi sui dettagli; la frustrazione è ancora troppo recente. Vorrei solo sottolineare che, non fosse grazie a un personaggio di indubbio valore, le mie memorie si raccoglierebbero attorno a un trafelato tragitto in metropolitana, conclusosi di fronte alle porte di un concessionario auto. Spalle appesantite dai bagagli, conto in banca alleggerito di trecento euro, una rovinosa insolvenza universitaria…e comprensibilmente un volto sfigurato dalla gioia. La mia profonda riflessione si fermerebbe dunque qui.
Ma come già accennato, il provvidenziale intervento last-second del mio salvatore fa si che ci sarà qualche parolina in più da sprecare a proposito di questa avventura.