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SRI LANKA | Tuesday, 17 December 2013 | Views [589]

La luna piena, una tazza di tè caldo, le palme, la brezza, il buio. È la prima volta che mi gusto questa versione stranamente pacifica dello Sri Lanka; tristemente anche l’ultima. Ho deciso di passare la notte in terrazza; di tirare le somme, prima di ripartire. Le piccole quotidianità che dovrò lasciarmi alle spalle sono le prime a saltare alla mente.

“Buongiorno, Sara! Come stai oggi? Ecco la tua lavaria”. Come ogni mattina, puntualmente, alle 8. Kumari, la radiosa negoziante del quartiere, mi stringe la mano sorridendo e tenta di insegnarmi i nomi delle altre prelibatezze in vendita. Ishan tarda a farsi vedere, come suo solito. Ma anche senza appuntamenti categorici, lo so bene, sentirò chiamare il mio nome dalla finestra almeno due volte. Quasi ogni giorno. “Ti spiacerebbe rimanere in negozio al posto mio per mezz’oretta?”, “Sono scappati due piccioni dalla gabbia, mi daresti una mano a riacciuffarli?”. E via dicendo.

No, da domani niente più.

Sono stata addomesticata. Come la volpe dal Piccolo Principe. E se spezzare le abitudini e dire addio non fosse doloroso abbastanza, so bene che al mio rientro toccherà affrontare il ‘boss di fine livello’. Nome di battesimo: ‘Reverse culture shock’. Un’entità elusiva e fortemente sottovalutata. In fin dei conti, quanto traumatico potrà mai essere tornare a casa? Lasciate che vi smentisca. Il rientro è l’unico accidente in grado di influenzare negativamente le vostre vite. Addirittura per mesi. SURPRISE!!!

Una nuova identità, ma pochissimi modi di esprimerla. Un entourage che, comprensibilmente, non riuscirà ad afferrare il vostro nuovo modo d’essere e fare. Posso davvero mangiare riso con le mani e fare colazione a base di curry al pesce senza che qualcuno creda io sia impazzita o voglia mettermi in mostra? E i miei nuovi gusti in materia d’abbigliamento? Come la mettiamo con la rinnovata visione del mondo? Non molte persone saranno disposte ad ascoltare. Ad essere onesti, io stessa non sarei in grado di spiegar loro fino a che punto alcune esperienze mi abbiano toccata e cambiata. Risultato: alto rischio di sentirsi incompresi, confusi, alienati. Soli. Soluzioni: poche. Per lo meno poche che io possa dare senza abbandonarmi ad un trattato di psicologia. Tenersi impegnati, mettersi in contatto con persone che abbiano esperienze simili, mai e poi mai sacrificare la nuova identità solo per non sentirsi pesci fuor d’acqua. Questo è quanto.

"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.

Si. Si per certo. È una faticaccia immane, non si può negare, questo continuo spezzarsi-aprirsi a nuove situazioni, questa perpetua privazione da posti e persone.

"Ma allora che ci guadagni?"

Intendete a parte la crescita personale e professionale? A parte un numero smisurato di amici e ricordi? 

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".

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[“La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò. Ma se tu mi addomestichi la mia vita, sarà come illuminata.

Conoscerò il rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica.

E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste!

Ma tu hai dei capelli color d’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”]

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