Guardi ancora quella foto di gruppo, lui in basso a sinistra con il
braccio rotto e il broncio da bambino. E' così che lo ricordi, anche se
non c'eri. Strani scherzi della memoria. Ricordi anche i puntini scuri
che ha dentro il labbro, come dei piccoli nei. Forse te li ha mostrati,
forse sono solo nella tua testa.
Ricordi i suoi capelli dritti, quando li tocchi tornano subito su. Non
come i tuoi. Che anche se provi a tirarli su stanno sempre giù. E il
losso, e il lalbero, e il siruro. E quelle parole che pronuncia in un
modo che è solo suo. E i suoi occhi chiusi, le ciglia nerissime, mentre
dorme sul divano. Una mano sotto la guancia, l'altra appoggiata sul
fianco o su un cuscino stretto sulla pancia. Il broncio e i capelli
tutti dritti verso la fronte.
Non lo vedi da più di sei mesi. Fra meno di tre settimane sarai da lui,
in capo al mondo. E ancora non ci credi, non riesci a immaginare come
sarà, anche se ci provi da un pezzo.
Lo hai salutato piangendo sulla porta di casa, mentre spariva piano
attraversando il balcone e la tua vita sprofondava in una bolla. E poi,
qualche ora più tardi, in quella stradina vicino al Pratello. Lui in
bici, tu ferma lì sul marciapiede, in tuta dopo la lezione di yoga. Hai
fatto di tutto per non pensare. Gli hai baciato la mano un attimo prima
che fuggisse lontano. Ogni volta che passi in quella via siete ancora
lì, uno di fronte all'altra. Lui sulla sua bmx, tu ferma impalata con i
pantaloni da wushu e la felpa rosa, la canotta nera e un sorriso umido, a
chiederti come cazzo farai senza di lui. Siete sempre lì, ma lui non
c'è più.
E hai attraversato quest'inverno in punta di piedi, strisciando,
correndo. L'hai attraversato come un fantasma tra i fantasmi di giorni
passati e futuri. Nei rari momenti di lucidità hai finto che fosse tutto
ok, sei stata bravissima. Ti sei persino laureata e non te ne importava
niente da anni. Ma era uno di quei sassolini che volevi togliere dalla
scarpa, prima o poi. Per partire leggera. Lo hai fatto per lui, per te,
per le domeniche soffocate dai sensi di colpa.
E hai suddiviso i mesi in pezzetti, per farli sembrare più piccoli, per
non farti sopraffare. Come le briciole di Pollicino. Li spargevi dietro
di te, o forse lo facevano da soli. E a fine ottobre un pezzettino era
già andato via. E poi tutti gli altri.... i primi tempi erano sempre
tanti, così tanti. Ma la scarsa lucidità ha i suoi vantaggi. Ti ha
avvolta come un manto o una nebbia, ti ha cullata ogni giorno. Ti ha
fatto stare in bilico, ha rischiato di rovinare i tuoi piani. E di
trascinarti via. Ma non è successo. E tutto quello che è passato è come
una nebulosa, un groviglio. L'hai attraversato senza renderti conto, e
senza cadere.
Mancano poche settimane. Meno di tre. Pensi a quell'abbraccio in
aeroporto, a come sarà. Ci pensi da mesi. E' sempre lì, a fare da sfondo
a ogni tua azione, a coprirla con un velo sottile. Qualsiasi cosa
accada quell'immagine continua a ripetersi come in un montaggio
ossessivo, ne esistono molte varianti. Non riesci a mettere a fuoco i
vestiti, e il colore esatto della pelle, l'espressione del viso,
l'aeroporto tutto intorno. Ma senti già il suo odore, e il tocco della
sua pelle, mentre incastri il tuo viso nella sua spalla e chiudi gli
occhi e intanto il mondo sparisce. Come un tempo. Come se il tuo posto
non fosse mai stato altro che quello. Come Lucertola. Come una bambina.
Come tornare a casa, ovunque essa sia.